Nella celebrazione di lunedì l’assemblea ha pregato per il periodo di prova che Francesco sta vivendo da giorni.
«Siamo qui, come Gesù nel Getsemani, a dire: Padre, se possibile, passi da me questo calice». Le parole del vescovo Maurizio risuonano meste, quasi flebili, nella chiesa gremita di fedeli.
FEDELI IN PREGHIERA Un’assemblea raccolta in preghiera, sospesa tra attesa e speranza, consapevole che un cambiamento – nel bene o nel male – è ormai imminente. È con questo spirito che lunedì 24 la veglia di preghiera, organizzata dalla Diocesi presso il santuario della Bozzola, ha invocato la misericordia di Dio per il tempo di prova e di croce che papa Francesco sta vivendo da giorni. “Preghiamo per desiderare e fare la volontà di Dio”, ha continuato Mons. Gervasoni, «recuperando l’atteggiamento che Gesù chiede ai suoi discepoli per vincere il male, ogni male». Ai piedi del Santissimo Sacramento, esposto sull’altare, i fedeli hanno risposto numerosi all’invito dei sacerdoti, giunto rapidamente attraverso i loro canali. Sentivano il dovere di esserci, per stringersi idealmente attorno a un Pontefice che, in un modo o nell’altro, ha segnato il cammino della Chiesa nel dialogo con il mondo, imprimendo una direzione dalla quale sarà impossibile tornare indietro.
La Parola proclamata durante la celebrazione ha orientato i sentimenti dei presenti, riproponendo il senso del ministero apostolico, che affonda le sue radici nella chiamata del Maestro, e rimettendo al centro la potenza guaritrice del Figlio di Dio, l’unico che salva nel tempo e nell’eternità.
GRATITUDINE «Sono qui per un senso di gratitudine – racconta uno dei presenti – e anche se non credo, mi sento in dovere di sperare che, se non potremo più averlo con noi, almeno i segni da lui lasciati rimangano e aprano nuove vie». Proprio su questo solco tracciato da Francesco si è soffermata la riflessione del Vescovo, richiamando i documenti del suo magistero che, a partire da “Evangelii Gaudium”, esprimono una passione per l’annuncio nell’oggi, capace di provocare e spingere al confronto. Ma non è ancora tempo di bilanci. Il popolo che si è radunato quella sera aveva soprattutto bisogno di pregare, di fare silenzio, di «sperare contro ogni speranza», come suggerito dai cardinali. Ed è giusto così. In fondo, quando una persona cara soffre, non si sente il bisogno di parlare, ma solo di starle accanto e dimostrarle affetto. È ciò che la gente della Lomellina ha voluto fare con il “suo” Papa, sicura che, in modo misterioso, quell’abbraccio corale sia giunto a destinazione.
don Carlo Cattaneo